Milano Fashion week 2019 sfilata Calzolari primavera estate 2020

Milano Fashion week 2019 sfilata Calzolari primavera estate 2020
Milano Fashion week 2019 sfilata Calzolari primavera estate 2020

Milano Fashion week 2019 sfilata Calzolari primavera estate 2020. La silhouette si muove tra sperimentazione, grafismi e un minimalismo primitivo a stretto contratto con la nuda terra, in cui capi dal vago ricordo safari realizzati in tela di cotone stretch nei toni beige della sabbia si alternano a uniformi militari, arricchite da tasche multiuso rivisitate in chiave glamour con preziosi tessuti jacquard camouflage, sui quali le mostrine militari sono nastri ornamentali e svolazzanti di cotone grezzo. Parimenti, in questa battaglia in prima linea per il rispetto del pianeta e delle sue risorse, la tuta anni 80’ gialla e nera si trasforma in una divisa da combattimento, tecnica e funzionale.

Milano Fashion week 2019 sfilata Calzolari primavera estate 2020

In questo deserto fisico e metafisico, di sabbia e detriti industriali, capi emblematici – e al tempo stesso opposti tra loro – sono da un lato l’abito tribale in “tessuto di sughero” ecologico, ricavato da sottilissimi fogli di sughero naturale accoppiato al cotone organico GOTS certificato, con frange arricchite di cristalli Swarovski senza piombo; e dall’altro i capi ultra high-tech realizzati con l’upcycling di airbag scoppiati, nati grazie a una partnership con Volvo Car Italia. Ma la dicotomia tra tecnologico e tribale è evidente anche nelle cinture: alcune in tessuto, ad avvolgere la figura in maniera profondamente femminile, altre ricavate dalle cinture di sicurezza di automobili smantellate.

E ancora, pezzi quasi monastici nella loro semplicità sono solcati da profondi spacchi laterali e frontali, o da sensuali scollature a “V”; abiti strutturati in organza “nude” si contrappongono a stratificate gonne etniche con pannelli plissè in organza nera, mentre ampie gonne asimmetriche volteggiano attorno al corpo come stendardi da guerra.

I materiali vanno dal twill di cotone organico stampato al raso derivato da poliestere riciclato, dal nuovissimo canvas di cotone biodegradabile al pizzo macramè optical che ricorda i copertoni di pneumatici: chiaro riferimento alla più grande discarica di pneumatici al mondo, nel deserto del Kuwait.

La palette di colori parte dai toni sabbia e ecrù per poi accendersi all’improvviso di rosso nell’abito plissè, e di giallo-neon nella gonna con inserti catarifrangenti, come a disseminare segnali di allarme, per poi lasciare il passo al nero lucido dei capi in vernice a taglio vivo e al verde petrolio del cotone tecnico; colori che rappresentano l’inquinamento industriale che contamina le preziose falde acquifere, nere come la pece ed intrise di liquami petroliferi, fino all’apparizione di stampe a macchia di petrolio su organza increspata per gli abiti leggeri.

Una collezione Primavera/Estate militante, dove, a sorpresa, l’elemento naturale è quasi del tutto assente, ad eccezione del grafismo bianco e nero delle palme, come riprodotte su una cartolina sbiadita, quasi un’oasi nel deserto, il miraggio di un mondo estinto. Del resto, la collezione affronta senza mezzi termini il tema sempre più attuale e minaccioso della desertificazione del nostro pianeta.

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