Annamaria Franzoni: “Sento il bisogno di tornare a Cogne”

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«Sento il bisogno di tornare in quella casa. Non sarà facile, perché è dove Samuele ha vissuto felice e dove è stato ucciso. Non voglio rinnegare quei ricordi, non voglio perderli. Ho voglia di tornare lì, perché stare lontano è come voler dimenticare… Non posso permetterlo: non è giusto». Così Annamaria Franzoni si è raccontata in uno degli incontri con Augusto Balloni…
Così Annamaria Franzoni si è raccontata in uno degli incontri con Augusto Balloni, il professore incaricato di stabilire se la donna possa ottenere la detenzione domiciliare. Nella sua perizia, Balloni ha concluso che Annamaria Franzoni presenta «condizioni di pericolosità sociale», anche se questa settimana il Tribunale di Sorveglianza di Bologna ha chiesto ulteriori approfondimenti.

Di seguito alcuni stralci delle considerazioni della donna condannata a 16 anni di carcere per l’omicidio del figlio Samuele, espresse durante le sedute con il perito e rese note in esclusiva ieri sera dall’inviata Videonews Ilaria Cavo, durante la puntata di “Quarto Grado”.

«Ho sempre respirato da mia madre un senso materno molto forte. Lo stesso che ho io, perché sento come priorità, come donna, la famiglia», spiega Annamaria Franzoni. «Non ho mai pensato alla carriera. Quello che mi gratifica di più e mi fa stare bene è tenere la casa, stare con i miei figli, stare con mio marito, fargli trovare quel calore materno di moglie. Penso sia lo scopo della vita. Quello che ho respirato a casa mia è questo: la normalità dei figli, la dedizione».

«Ho mostrato le foto di Samuele, perché insinuavano che non fosse sano. Volevo proteggerlo. Ancora oggi lascio la tomba bianca, senza nome: nessuno sa dov’è per tutelarlo. Ho cercato di difendermi, di difendere la dignità di Samuele».

Dodici anni dopo il delitto, anche davanti a questo psichiatra, Annamaria Franzoni non è crollata: «Penso a quella mattina. Cerco di ricordare se durante il percorso di ritorno posso avere visto qualcosa in più, un’ombra, qualcosa, qualsiasi cosa. Io per prima mi sono messa in discussione, perché in quei momenti sei fragile e tutti ti dicono: “Sei stata tu!”», afferma la donna. «I miei sentimenti li conosco: io darei la vita, ho dato la vita ai miei figli, non l’ho tolta… Sono un genitore, pretendo la verità, la giustizia. Chiederò aiuto a chiunque, perché lo devo a Samuele, ai miei figli, a mio marito. La mia vita è dedicata solo a quello. Il bello è stato quello che abbiamo vissuto lì: quello è il nostro vivere, è la nostra casa, io mi sento sempre fuori casa».

“Quarto grado” ha rivelato in esclusiva anche che, per ottenere la detenzione domiciliare, Annamaria Franzoni si è sottoposta a una perizia grafologica. Il perito grafologo Alberto Bravo, il 10 febbraio scorso – quando la donna era appena tornata da un permesso premio – le ha fatto scrivere una pagina sotto dettatura (tratta da un quotidiano) e un testo libero.

Da ogni parola e tratto – riporta il servizio – il perito ha dedotto il carattere della donna. Secondo l’analisi, la Franzoni denota “bontà d’animo e comprensione”, ma è contraddistinta anche da un “sentimento di cautela e preoccupazione per il giudizio degli altri”, che la porta a essere “controllata, in un misto di sensibilità d’animo e ricerca di approvazione”. La sua grafia rivelerebbe anche un “orgoglio frustrato, rassegnato a chiedere più con il silenzio che con le parole”. La bontà d’animo, per il perito, rischia così di spegnersi in un “mutismo affettivo”.

Annamaria Franzoni – conclude la perizia – tenderebbe a “compensare le insoddisfazioni con la fantasia”. Il suo giudizio, le sue valutazioni, vengono fatte “più dal sentimento che dall’intelligenza”. Nonostante questo, rimane costante “la sua capacità di attenzione e di controllo, fino all’ipervigilanza”.

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