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Massimo Ciavarro da idolo dei fotoromanzi a attore di successo

Massimo Ciavarro da idolo dei fotoromanzi a attore di successo

Massimo Ciavarro da idolo dei fotoromanzi a attore di successoMassimo Ciavarro da idolo dei fotoromanzi a attore di successo. Massimo Ciavarro a Vieni da me: “Ho iniziato a lavorare a 14 anni perché mio padre era appena morto e la mia famiglia aveva bisogno” L’attore, ospite a Vieni da me su Rai1, ha raccontato a Caterina Balivo della scomparsa prematura del padre, motivo che l’ha costretto a lavorare da bambino.

Massimo Ciavarro da idolo dei fotoromanzi a attore di successo

“Il primo fotoromanzo l’ho fatto a 14 anni, un bambino, in un momento un po’ particolare della mia vita. Mio papà ci aveva appena lasciati, giovanissimo, e la mia famiglia si è trovata in una situazione molto dolorosa. Mia madre aveva le mie due sorelle che erano piccole”.

“La situazione economica non era florida perché papà ci aveva lasciato un’attività dove importava merci dall’estero. Quando morì, tutti i grossi fornitori vennero e si portarono via tutto. Invece tutti quelli che dovevano delle cose a mio papà sparirono. Le mie sorelle avevano 6 e 12 anni. Mia mamma è una donna siciliana, nata in una società dove tutto veniva delegato all’uomo di casa, che in quel momento sono diventato io” ha ricordato malinconicamente il bel attore di “Giochi d’estate”.

Ciavarro ha proseguito raccontando l’ultima volta che vide il padre: “I bei ricordi che ho di mio padre sono molto vaghi perché si ammalò quando avevo 9 anni. Faceva avanti e indietro con le cliniche. Un giorno guardando fuori dalla finestra mi disse ‘Credo che questa sia l’ultima volta, tu pensa a studiare e alle tue sorelle’. Il giorno dopo sono andato in clinica e ho capito cosa voleva dirmi. Lui era lì, ma in realtà non c’era più. Io gli ho aperto gli occhi per salutarlo un’ultima volta, poi ho preso la bicicletta e sono andato a piangere da solo in un parco. Quel momento l’ho sempre rimpianto, perché avrei dovuto stare con mia madre e le mie sorelle, ma da quel giorno non le ho mai più abbandonate”.

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