Rudy Guede, processo Meredith, scrive a Quarto grado. Ecco la lettera


«Gli stessi giudici che non mi hanno voluto credere, dicono che io non ho ucciso Meredith, non ho rubato e non ho fatto nessuna simulazione. Voglio evidenziare che chi ha commesso questo terribile fatto è ancora in libertà, che ad oggi purtroppo la verità non è stata ancora raggiunta e che mai si troverà, se si continuerà a sentire gente come Mario Alessi ed altri come lui».

Rompe il silenzio, con una lettera scritta di proprio pugno dal carcere di Viterbo, Rudy Guede. Il documento scritto dal giovane ivoriano, che sconta una pena di 16 anni per l’omicidio di Meredith Kercher, sarà mostrato questa sera a “Quarto Grado”.

«In questi ultimi giorni non ho fatto altro che sentire una distorta interpretazione dei fatti che riguardano la vicenda di Perugia, ma soprattutto una deformazione della mia persona e del mio carattere. – scrive l’uomo – Sento spesso persone, che non mi hanno mai conosciuto e che non conoscono niente del processo, dire che io sarei un bugiardo, un balordo e quant’altro».

«Io sarei un bugiardo, questo dicono i giudici, ma allora la verità qual è? Mi sono sempre sforzato di dire quello che in quella tragica sera ho visto e sentito, senza calunniare nessuno e senza accusare innocenti», prosegue Guede. «La verità la deve cercare la giustizia e non io, non ci sarà però verità per Meredith finché si parlerà di violenza sessuale, reato che non ho mai commesso e che i medici legali escludono».

«Questa è una vicenda di dolore, chi ne parla non deve mai dimenticarselo. Dimentica il dolore -conclude Rudy Guede – chi senza rispetto parla di questa storia come se fosse al bar, dove superficialmente si può chiacchierare senza conoscere il processo».

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